mercoledì, maggio 11, 2005
Come se nonostante tutto io rimanessi ferocemente aggrappata alle mie posizioni, nonostante le mille promesse di appiccicarmi salvifici sorrisi di cartone sulle labbra.
Come se non fossi assolutamente in grado di notare, constatare (approccio maggiormente realista), il benché minimo passo avanti, alcun tentativo di creare o quantomeno simulare una situazione di forte empatia tra un polo e l’altro.
Io e le mie posizioni viziate e viziose, incapace di mantenermi seria anche seduta nell’epicentro del terremoto, muovermi, smuovermi, simulare spostamenti, ancheggiare, rimuovere posizioni assunte in precedenza per poi rimetterle al loro posto di soppiatto, appena l’occhio estraneo, esterno si è posato su oggetti più facili da comprendere.
Togliere un mattoncino sostituendolo con un altro dal colore più vivido e la forma meno spigolosa, e in fondo, al primo sguardo maggiormente indagatorio ti renderesti conto di come siano simili le due costruzioni, del fatto che l’isterico passatempo del gettaviaesostituisci non inganna né dovrebbe ingannare più anima viva.
E quindi resto qui, come al solito, notte che sembra non voler scivolare più via, ogni singolo minuto a rintoccare affamato nella mia testa, affamato di carezze conferme e tutto quello che costantemente mi ritrovo costretta a mendicare nel mio sentimentalismo paranoico.
Come se nonostante tutto, ripeto, non fossi in grado di credere a nessuna parola, come se le occultassi per qualche minuto nel temporaneo ascolto di qualche ballata allegra, ottimistiche filastrocche capaci di renderti sicura di tutto quello che stringi in mano, fascinosa nonostante la pessima forma fisica e il raffreddore dilagante in primavera inoltrata, nonostante tutti gli attacchi esterni, presunti o reali che siano.
Per poi.
Riaprire un piccolo cassetto e tirarle fuori di nuovo, giocarci stancamente nel momento meno opportuno, l’ora tarda in cui nessuno è più in grado di rispondere tantomeno pazientemente ascoltare, anche se da tempo ho ormai smesso di chiedere consigli che non intendo seguire soppesare giudicare ascoltare.
Ascoltare, nuovamente.
Imparare dalle parole altrui, dicono sia questione di pochi attimi. Assimilare-elaborare. Imparare dai propri errori osservati questa volta da uno specchio non più distorto. Imparare a muoversi, a smuovere, regalare sorrisi e occultare una volta per tutte piccole macchiette capaci di fare tanto male.
Incapace. Di ascoltare. Di seguire una strada lastricata ad hoc.
Vorrei aver perso la voglia.
Sottile linea di confine tra chiedere, pretendere, necessitare.
mi sono sempre chiesta se il necessitare contenga gia di per sé un'infantilistica giustificazione.
e mi mancano piedi nudi appoggiati al vetro di una macchina.
caramelle a forma di frutta passeggiando per strada, lentamente, maniche corte e unghie smaltate di rosso scuro.
quotidianità che non possiamo vivere.
programmare ogni cosa.
aver pensato che tutto potesse essere così semplice, felicità a portata di mano.
"won't you stay and be with me tonight"
(the year summer ended in june)
Miss Ann Thropy bitched about this at 3:09 AM.